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Antiporno, Guilty of Romance e la libertà sessuale

Un'amara riflessione del regista Sion Sono sulla condizione della donna giapponese

La figura femminile e le riflessioni su di essa sono centrali in moltissimi lavori di Sion Sono: tra questi vorrei prendere in considerazione in questo articolo solo Antiporno e Guilty of Romance, personalmente tra i miei preferiti in assoluto del regista giapponese. 

 

[Attenzione: per il contenuto e per le immagini questo articolo è riservato a un pubblico adulto]

 

Una stanza gialla. 

 

Probabilmente non proprio fisicamente una stanza, forse un luogo della mente.

I colori sono sgargianti, eccessivi, è un mondo irreale, un set cinematografico dove tutto è fittizio.

 

Peggio ancora: è una cella, una prigione travestita da spazio libero e felice attraverso i suoi colori vivaci che incantano e nutrono di illusioni.

Seguiamo i volteggiamenti del vestito di Kyoko che balla gioiosamente.

 

 

 

Si tratta di Antiporno, film del quale delineare una trama non è proprio un'operazione semplice, come spesso accade con le opere di Sono.

 

Il regista ci illustra in maniera originale la sua visione a proposito dei film per adulti, discute di sesso, sessismo, patriarcato e di liberazione femminile.

 

Le medesime riflessioni venivano già affrontate in Guilty of Romance, un film drammatico - volendo un thriller - incentrato su due donne (la moglie casalinga Izumi e la professoressa Mitsuko) che cercano di lasciarsi alle spalle la monotonia del quotidiano, dolori e doveri, diventando delle prostitute.

 

 



Come hanno sostenuto precedentemente anche altri registi giapponesi, ad esempio i maestri Satoshi Kon con Perfect Blue e Takashi Miike con Audition e come viene nuovamente ribadito in Antiporno, la ragazza giapponese è costantemente combattuta tra due figure contrapposte: quella della "puttana" vogliosa e quella dell'eterna ragazza-bambina a cui vengono associate le insulse ed effimere qualità di innocenza, purezza e verginità.

 

La dualità socialmente imposta trasforma il corpo con normalissimi connotati femminili delle ragazze in un corpo pornografico, comportamenti umilianti in eccitanti, e pretendendo da queste, al tempo stesso, il mantenimento di una certa ingenuità di fondo pari a quella di una bimba durante la sua prima volta.

 

 


In Guilty of Romance Izumi è una casalinga, moglie di un famoso romanziere.


Non fa mai sesso con suo marito.

A nessun uomo piace sposare una puttana.

 

A tutti gli uomini, però, piace sposare un'angelica mammina che sorride spesso, che si prende cura della casa, che programma ogni minimo dettaglio per non permettere al marito di compiere il benché minimo sforzo, che attende pazientemente il rientro dell'adorato di ritorno da una faticosissima giornata lavorativa per ricominciare la noiosa routine tutta da capo.

 

A Izumi dovrebbe bastare amare incondizionatamente l'uomo che l'ha sposata, servirlo in maniera devota, compiacere i suoi piccoli inutili rituali quotidiani, venerarlo ciecamente, appartenergli ed essere fedele quanto un cane.

Il matrimonio è la più grande aspirazione della donna, prendersi cura dell'amato la sua più completa realizzazione, esserne dipendente tanto da diventare il suo inscindibile riflesso.

 

Come possiamo ben intuire, tutto ciò non riesce a soddisfare Izumi che vorrebbe di più: essere un'amante.

 

Ma se a nessun uomo piace sposare una puttana, a tutti gli uomini piace scopare una puttana.

 

 

 

 

La pressione sociale alla purezza è talmente forte e incombente che persino scoparsi la mogliettina è considerata una pratica disdicevole e trasforma magicamente tutte le donne che hanno desiderio sessuale in delle voluttuose mignotte.

 

La repressione sessuale spinge Izumi a comportarsi proprio come Kyoko in Antiporno, a rigettare l'essere moglie e a bramare visceralmente la puttana, prima posando per dei set fotografici in intimo, poi recitando in film hardcore e infine vendendo il suo corpo nelle strade di Shibuya.

 

Izumi, sotto l'ala della puttana esperta Mitsuko, comincerà a prostituirsi.

Kyoko avrà un rapporto sessuale con uno sconosciuto perdendo dolorosamente la verginità e reciterà in un film di genere Roman Porno.

 

Il percorso delle due è lo stesso.

 

 

 

 

Il sesso retribuito diventa simbolo di ribellione, ma presto si rivela essere un sentiero che conduce soltanto a una libertà apparente.

 

"[...] la gente di Tokyo continua sempre di più a produrre merda.

È come un grande letamaio. 

Primo: gli uomini di questo Paese sono merda.

Secondo: gli uomini di questo Paese hanno creato un concetto di libertà di merda.

Terzo: gli uomini di questo Paese desiderano un mondo di merda.

E io vivo in questa latrina. E recito in un film porno."

 

Dietro la promiscuità sessuale si celano meccanismi nevrotici, conflitti inconsci irrisolti e ancora particolarmente dolenti causati dagli stessi giudici morali di quella società patriarcale verso la quale le donne cercano di insorgere. 

 

La prostituzione non è altro che la stanza gialla presentata in Antiporno.

Una cella ben decorata.

 

Più grande, certo, ma pur sempre una prigione.

 

 
 

 

 

La scena primaria e il Complesso di Elettra

 

La scena primaria consiste nel vedere, intravedere o addirittura immaginare per la prima volta il coito dei genitori.

 

In una scena di Antiporno Kyoko fantastica a proposito del rapporto sessuale tra il padre e la madre.

La visione della scena primaria porta a un eccitamento impensabile che va incontro a un rifiuto - dal momento in cui, oltretutto, vi sono coinvolti i propri genitori - e si tramuta in angoscia.

Perciò è più corretto parlare di scena traumatica.

 

Kyoko sperimenta degli impulsi provenienti dal basso: questo la porta a condurre una "esplorazione sessuale" per fare chiarezza sulle proprie voglie.

La ragazza è dominata da una sete di conoscenza che cozza contro una specie di congiura del silenzio da parte dei propri genitori.

 

Le sue perplessità sono rivolte soprattutto alla differenza del trattamento dei due sessi: apprende dal padre che la sua sana curiosità sessuale la rende una lurida, una schifosa, una troia immonda, perfino i genitali femminili sono motivo di imbarazzo.

Secondo la psicoanalisi freudiana, questa violenta repressione porta le bambine a concepire l'esistenza di un solo organo sessuale, il pene, e c'è una sola alternativa: averlo o non averlo.

 

Il pene è visto come una parte del corpo staccabile, che può circolare da una persona all'altra: è l'inizio delle fantasie che vengono associate al complesso di castrazione e alla situazione edipica.

 

Il Complesso di Edipo del bambino sembra essere molto più semplice e netto rispetto a quello della bambina, la cui versione femminile è denominata Complesso di Elettra.

 

Il superamento del complesso edipico consiste nella rinuncia, che si fonda nel divieto dell'incesto, al soddisfacimento sessuale con il genitore di sesso opposto.

La bambina, invece, sperimenta una duplice rinuncia: una verso la madre che è l'oggetto primario e una verso l'oggetto incestuoso, ovvero il padre.

 

Nella figura femminile la minaccia di una punizione per i pensieri edipici e per l'onanismo non ha lo stesso impatto del bambino che consiste nella credenza che il pene possa essere perduto a causa della evirazione, ovviamente. 

La paura che travolge la bambina riguarda più direttamente quella della perdita dell'amore dei propri genitori, questo fa sì che risponda alla minaccia non solo con angoscia, ma anche in preda ai sensi di colpa e in modo più masochistico.

 

Kyoko, convinta della propria inferiorità clitoridea, reagisce primariamente cercando di distaccarsi dalla sessualità: tali operazioni sono responsabili di un vissuto più colpevole della masturbazione e dell'eccitamento in generale.

 

Attraverso un meccanismo di proiezione, dentro Kyoko cresce l'odio nei confronti del suo esatto doppio dal punto di vista fisico, la madre, femmina dotata analogamente di una vagina.

Su di lei Kyoko riversa la sua colpevolezza e le sue percepite mancanze, mentre comincia a nutrire pulsioni incestuose nei confronti del padre, un'ammirazione inconscia, o piuttosto una certa invidia in quanto maschio realmente libero di vivere la propria sessualità. 

 

In un'altra scena del film Kyoko tenterà di avere un rapporto sessuale con suo padre.

Egli la respingerà con immenso disgusto, intensificando la sofferenza della ragazza e la conseguente ricerca di un uomo che possa al più presto liberarla dal fardello della verginità.

 

Farà sesso con un ragazzo scelto casualmente ma, dopo questa triste esperienza, non sarà più svincolata dalla gabbia sociale attribuitale come femmina: al contrario, sarà ancora più incatenata nella trappola.

 

 

 

 

Il castello di Franz Kafka

 

Una situazione analoga viene vissuta da Mitsuko in Guilty of Romance, che ha avuto rapporti sessuali con suo padre in età puberale.

 

Lo psicologo Sàndor Ferenczi espone la sua Teoria dell'identificazione con l'aggressore nella sua opera Confusione delle lingue tra adulti e bambini.

 

La cosiddetta confusione delle lingue si verifica quando alla richiesta di tenerezza di un bambino o una bambina un adulto che ha tendenze patologiche replica, per un morboso fraintendimento, lasciandosi andare ad atti sessuali con il/la bambino/a in questione.

Quest'ultimo/a ha una prima reazione di odio, disgusto, repulsione, tuttavia i sentimenti di vulnerabilità fisica e morale hanno la meglio su questo primario rigetto.

 

L'adolescente Mitsuko ammutolisce dinnanzi all'autorità dell'adulto, la vittima si sottomette completamente all'aggressore, dimentica se stessa e si identifica con quest'ultimo, sviluppando un'acuta percezione dei desideri dello stesso assecondandoli. 

Introiettando la figura dell'aggressore, questo scompare come realtà esterna e l'extrapsichico diviene intrapsichico.

 

La sottomissione conseguente o, addirittura, l'adorazione come anche nel caso di Mitsuko, nasconde il bisogno di liberarsi da un amore che la intralcia e la condanna. 

 

Il mutamento più importante nella vita psichica della povera ragazza, provocato dall'identificazione con il padre, è più che mai l'introiezione del senso di colpa dell'adulto: un gioco reputato innocente fino a quel momento si trasforma in un'azione colpevole.

Nonostante l'abuso causato dalla confusione delle lingue sia un evento già traumatico e condizionante, il dolore e la confusione vengono alimentati ancor di più dall'atteggiamento successivo di evitamento da parte dell'adulto che ha messo in atto l'abuso.

 

Paradossalmente, il rifiuto che Mitsuko subirà dal padre renderà la sua ferita ancora più profonda e cocente la sua vergogna.

L'ultimo regalo del padre prima della morte sarà un libro: Il castello di Franz Kafka. 

 

Il castello di Kafka è un luogo lontano, irraggiungibile, impenetrabile, un sistema in cui ogni tentativo di accesso da parte dell'uomo risulta essere vano.

Il libro è piuttosto il sigillo di un legame malato, la metamorfosi della figura paterna divenuta castello, un luogo a cui Mitsuko non riuscità mai ad avvicinarsi, un trauma vivido e bruciante come un taglio aperto nella carne che, nel corso della sua intera vita, costringerà la ormai donna Mitsuko a una logorante ricerca del castello-padre in tutti i nuovi uomini che useranno il suo corpo.

 

Un sforzo disperato che non servirà a cicatrizzare la ferita del trauma adolescenziale. 

 

La prostituzione di Mitsuko e Izumi o la presunta promiscuità sessuale di Kyoko, azioni vissute come simbolo di una rivolta rispetto agli uomini - e nei confronti dell'immagine costruita di moglie adulatrice e strisciante - non sono altro che una inconsapevole reclusione da parte di questi, il risultato della coazione a ripetere dei propri meccanismi nevrotici e patologici la cui origine è nel profondo della propria mente, in un conflitto interno mai risolto.

 

Tali tormenti resi inconsci per difesa nei confronti di quello che sarebbe un insostenibile supplizio se consapevole, agiscono nascondendosi dalla coscienza senza mai trovare una vera soddisfazione, generando uno stato di perenne turbolenza interiore e infelicità che può soltanto scoppiare fisicamente tramite urla, risate isteriche, gesticolazioni esasperate, pianti, poiché la meta segretamente ambita è anche inattingibile.

 

Sion Sono evidenzia lo sfogo violento delle ragazze accompagnandole con un'esplosione di colori sui loro corpi scossi.

 

 
 

 

 

È con cinismo che Sion Sono guarda al percorso di reputata liberazione sessuale della donna giapponese.

 

Secondo l'ottica descritta nei due film non esiste una reale libertà, le donne non hanno una via di scampo dato che si trovano ad essere vincolate - consciamente o meno - al giudizio degli uomini, il quale si basa irresolubilmente sulla loro condotta sessuale, sull'essere vergini o puttane. 

 

La libertà concessa altro non è che una trappola tesa dal marito o dal padre, una prigione illusoria che legittima la libertà degli uomini di aggredire in maniera diversa, ipocrita, più subdola, attraverso la meschina convinzione che il sesso sia fonte di emancipazione, autonomo, indipendente da opinioni sociali come effettivamente dovrebbe essere ma che in realtà non è.

 

"Le donne giapponesi vengono tormentate dalla libertà.

È il cosiddetto libero inganno.

In superficie sembra che venga onorata la libertà di parola. 

Ma nessuna gode veramente di libertà. Ascoltate! Le donne di questo Paese... nessuna gode veramente di libertà!

Si aggrappano alla libertà e diventano schiave della libertà.

Ci danzano insieme, fingendo di essere veramente libere.

Non valgono nemmeno quanto le donne da marciapiede. Persino le prostitute di basso livello sono libere.   

La libertà le prende in giro." 

 

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6 commenti

Martina Paffo

5 anni fa

Be' questo è soltanto uno (e tra i più celebri) dei tantissimi registi del cinema giapponese... magari piano piano parlerò anche degli altri (: grazie!

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Martina Paffo

5 anni fa

Grazie mille!

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Martina Paffo

5 anni fa

c o r r i

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Martina Paffo

5 anni fa

Wow grazie mille! Se ti va, fammi sapere che ne pensi di entrambi

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Martina Paffo

5 anni fa

Detto da te 💜

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Martina Paffo

5 anni fa

Grazie 💜 lo stesso vale per me!

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