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Challengers - Recensione: stiamo ancora parlando di tennis?

Dopo il Leone d’argento per Bones and All nel 2022, Luca Guadagnino torna al cinema con un film adrenalinico dal respiro internazionale, che trasforma il campo da gioco in arena da combattimento in cui nuovi e vecchi sentimenti si scontrano fino all’ultimo set

Challengers è un film sul tennis.

 

Mi sembra dunque doveroso fare una premessa: io non seguo il tennis e non so molto sulle sue regole e sui palmarès internazionali; so forse solo una cosa: il nostro Jannik Sinner è un campione. 

Perché questa premessa, direte voi?

Per rassicurare tutti quelli che, come me, non seguono il tennis e potrebbero pensare che Challengers non fa per loro.

 

Ebbene, Challengers non è solo un film per gli amanti del tennis, ma è un film per chiunque ami il Cinema che riesce a mixare perfettamente adrenalina ed emotività, grazie alla suspense ben sostenuta dal primo all’ultimo minuto.

 

Ma andiamo con ordine.

 

 

[Josh O'Connor è Patrick in Challengers]

 

 

L’ATP Challenger Tour è una serie di tornei internazionali di tennis maschile, che consente ai tennisti di seconda categoria di gareggiare e sfidarsi tra loro per acquisire punti e raggiungere un ranking sufficiente per accedere alle competizioni principali.

 

Siamo nell’agosto del 2019: è in corso un match all’ultima goccia di sudore.

Art Donaldson, interpretato da Mike Faist, è un tennista di fama mondiale a fine carriera; non vince quanto dovrebbe, non sente più la voglia di scendere in campo e vorrebbe ritirarsi.

Tashi Duncan, sua moglie - una magnetica Zendaya - è un ex giovane talento del tennis, che ha dovuto ritirarsi a causa di un grave infortunio negli anni dell’università e da quel momento ha giocato a tennis attraverso gli altri, allenandoli, spingendoli fino al limite.

Così ha fatto con il marito Art, che ha forse più paura di dirle che vuole ritirarsi che della effettiva fine della propria carriera.

 

Tashi non vuole mollare, non di nuovo, dunque iscrive Art a un torneo Challenger per fargli riacquisire fiducia e magari convincerlo a non arrendersi, ma una vecchia conoscenza di entrambi fa saltare il banco.

Patrick Zweig, tennista di grande talento ma di scarsa disciplina - interpretato da un Josh O’Connor perfettamente in parte - si insinua nella classifica del torneo per arrivare in finale e sfidare così Art, suo vecchio amico/nemico, davanti agli occhi concentrati e sofferenti di Tashi. 

 

Challengers diventa così un gioco non più di solo tennis, ma di sguardi.

 

[Il trailer internazionale di Challengers]

 

 

Golden throuple

 

Torniamo indietro al 2006: Tashi Duncan è la nuova campionessa juniores degli US Open ed è già una stella del tennis nonostante i suoi acerbi diciotto anni.

Art e Patrick sono amici sin dall’infanzia, hanno sempre giocato a tennis e hanno appena vinto il doppio junior agli stessi US Open: entrambi sono affascinati dal gioco e dalla grinta di Tashi, che vedono come una ragazza inarrivabile.

 

Una festa, un dialogo sagace, una passeggiata sulla spiaggia ed è subito chiaro che fra i tre si instaura un legame destinato a durare nel tempo.

Entrambi i ragazzi sono attratti da Tashi e lei è attratta da loro, in uno scambio di occhiate sensuali che dicono molto di più delle parole; la serata insieme continua quando Tashi va a trovare Art e Patrick nella loro stanza d’albergo. 

I due, come la più classica coppia di amici liceali, sono disordinati e sciatti, del tutto concentrati a chiedersi se la ragazza dei loro sogni si degnerà di andarli a trovare.

Quando parlano tra loro, la spacconeria mostrata davanti a Tashi non c’è più: sono insicuri, trepidanti, speranzosi. Fanno quasi tenerezza.

 

Tashi bussa alla loro porta.

 

 

[Mike Faist, Zendaya e Josh O'Connor in Challengers]

 

 

La già famosa scena della camera da letto non è però ciò che tutti potremmo immaginarci.

 

La tensione tra i tre sale sempre di più, ma il tassello mancante è la nemmeno così velata attrazione reciproca tra i due amici: Art e Patrick, infatti, hanno sempre fatto tutto insieme, tra di loro c’è una forte complicità e non temono il contatto fisico, anche molto ravvicinato, quel tipo di contatto di chi condivide l’intimità e non ha paura di mostrarlo.

Quello che inizia come un bacio a tre diventa presto un bacio tra i due amici, che nemmeno si accorgono di essere stati lasciati soli da Tashi, che divertita li osserva semisdraiata sul letto.

 

Tashi scopre dunque insieme allo spettatore il profondo legame che unisce i due amici, un legame riguardo cui parlare solamente di amore e di sesso è estremamente riduttivo.

 

 

[Mike Faist e Josh O'Connor sono Art e Patrick in Challengers]

 

 

Muscoli e sudore

 

Challengers è un film che potremmo definire muscolare.

In senso tecnico sportivo, chiaramente, con la muscolatura tanto di Art quanto di Patrick messe in bella mostra, a esprimere non soltanto la prestanza fisica necessaria nello sport, ma anche la fatica e la debolezza che uno stesso corpo allenato può provare quando si trova in situazioni di difficoltà.

Tashi e Art hanno infatti subìto pesanti infortuni durante la loro carriera e tutti gli sportivi sanno benissimo che riprendersi da un infortunio quando si è ad altissimi livelli è una strada tutta in salita.

La caduta è sempre dietro l’angolo ed è proporzionale all’altitudine a cui si sta volando.

 

Challengers è un film muscolare anche in senso emotivo.

Ogni fibra del corpo dei tre protagonisti è costantemente tesa all’incontro/scontro con l’altro, una continua attrazione gravitazionale che può allontanarli per anni ma mai renderli distanti. Art e Patrick, in un certo senso, si amano ed entrambi amano Tashi che, in un modo tutto suo, li ama a sua volta.

Eppure è un amore mai menzionato. 

 

Nessuno di loro parla mai di amore, soprattutto Tashi, e quando sembra che l’amore si stia insinuando, viene subito accantonato da una battuta caustica, come quella che richiama il famoso scambio ironico tra Leia e Han Solo ne L’impero colpisce ancora

 

“Ti amo!” 

“Lo so!”.

 

 

 

[Patrick e Art guardano Tashi alla festa in Challengers]

 

 

Art e Patrick sono due maschi competitivi in un ambiente competitivo e sono attratti dalla stessa ragazza, sexy e vincente: gli ingredienti per creare un classico triangolo amoroso machista tipico delle commedie hollywoodiane ci sarebbero tutti.

Ma.

 

Nonostante i muscoli esposti e la competizione, la pesantezza delle due figure maschili in gara non si avverte così fastidiosamente come si potrebbe pensare: Art e Patrick non sono due galletti in lotta tra loro, ma due metà che convergono verso lo stesso centro e, nonostante la naturale competizione per ciò che entrambi vogliono, non c’è tra loro quella tensione machista bellica, quasi marziale.

Se una divinità è messa in campo, quella non è Ares ma Afrodite - o non è Marte ma Venere, se siete più affezionati all’Impero Romano. 

 

In Art e Patrick sembra quasi di rivedere quelle antiche figure classiche in competizione tra loro, ma in totale comunione di intenti quando si tratta di sentimenti: la paura di mostrarsi vulnerabili, di mettere in luce i propri desideri e di realizzarli senza pregiudizi non c’è e questa assenza alleggerisce la storia dal fardello machista che caratterizza solitamente da un lato i racconti amorosi in cui due uomini lottano per la stessa donna e dall’altro le narrazioni a base sportiva. 

Tashi sembra essere il perno iniziale di tutto, ma ci accorgiamo subito che il perno su cui ruota la loro relazione è mobile. Il loro è un triangolo equilatero, in cui i rapporti di potere non sono paritari nel mondo reale, ma lo sono del tutto all’interno della loro storia.

 

Questi rapporti perdono equilibrio periodicamente a favore dell’uno o dell’altra, ma tendono sempre a riequilibrarsi, dicendoci ogni minuto di più che nessuno può veramente stare senza gli altri due.

 

 

[Challengers: Patrick e Art si sfidano al torneo] 

 

 

Il sudore è un elemento centrale nel racconto di uno sport, che sia in allenamento o in gara.

 

In Challengers di sudore ce n’è a profusione, quasi a voler ancora una volta dare risalto ai corpi dei protagonisti - soprattutto dei due challengers - come gli atleti della classicità usavano fare con l’olio. 

Il sudore ha però anche una dimensione intima, come ci mostra la scena della sauna.

In una sauna il sudore e la nudità sono le due componenti basilari e l’attrazione tra Art e Patrick non può che trovare il terreno perfetto per tentare una riconciliazione. 

 

“Stiamo sempre parlando di tennis?”

  

Questa è una domanda che, in situazioni intime diverse, Patrick si trova a rivolgere prima a Tashi, ai tempi della loro relazione giovanile, e poi ad Art, durante la sauna prima del loro ultimo match.

In Challengers il tennis è l’argomento principale, ma il tenniscore è solo un pretesto metaforico per narrare un intricato gioco di relazioni.

 

“Il tennis è una relazione. Per quindici secondi, abbiamo davvero giocato a tennis e ci siamo capite completamente. 

Così come tutti quelli che stavano guardando. È come se fossimo innamorate. O come se non esistessimo. 

Siamo andate insieme in un posto bellissimo”, dice Tashi ad Art e Patrick sulla spiaggia, parlando del match appena vinto da lei contro una tennista tedesca.

 

 

[Mike Faist e Zendaya sono Art e Tashi in Challengers]

 

 

Justin Kuritzkes, sceneggiatore di Challengers, è al suo esordio come autore cinematografico.

 

Si dà il caso che Kuritzkes sia il compagno di vita di Celine Song, una delle più brillanti autrici esordienti del 2023, sceneggiatrice e regista del bellissimo e delicato Past Lives, altro film dove alla base della storia troviamo un triangolo amoroso, dalle tinte decisamente diverse da quelle di Challengers, ma che ci ha mostrato come le relazioni siano ben più di ciò che il mainstream ci ha sempre proposto.

 

L’amore, il sesso, l’attrazione possono avere migliaia di sfaccettature, come le migliaia di strati di in-yun descritti da Nora, la protagonista di Past Lives.

Fermarsi solo alla patina superficiale non è realistico, non rispecchia davvero quanto l’essere umano sia complesso. 

Ci troviamo spesso sballottati avanti e indietro, come la pallina da tennis tra le due metà del campo. La nostra testa va avanti e indietro, come quella degli spettatori di un match e come le linee temporali di Challengers, che in un vortice di presente e passato sballottano lo spettatore nella travagliata vicenda amorosa dei nostri tre protagonisti.

 

Un continuo rimpallo che è ciò che dà vita a una partita.

 

 

[Zendaya e Josh O'Connor in Challengers]

 

 

In the match

 

Se l’impostazione narrativa di Challengers è piuttosto classica nel suo contenuto, nonostante l’originalità della descrizione del triangolo amoroso portante, non lo è affatto nella sua realizzazione.

 

I primissimi piani che indugiano spesso sui volti di Tashi, Art e Patrick ne colgono ogni lieve sfumatura, ogni microespressione che ci rimanda immediatamente ai pensieri che vi stanno dietro.

La macchina da presa sta ferma raramente e, come la palla da tennis, va da un lato all’altro in maniera repentina, con numerose panoramiche a schiaffo che richiamano, come dicevamo, il movimento tipico dello sguardo del pubblico di un match.

 

 

Le soggettive della pallina da tennis sono a mio avviso la parte più interessante: lo spettatore è così lanciato a destra e a sinistra vivendo il campo in prima persona, quasi come se tali inquadrature fossero state realizzate con una GoPro. 

 

 

[Patrick Zweig, interpretato da Josh O'Connor, in Challengers]

 

 

L’inquadratura dal basso, che ci mostra le suole delle scarpe dei tennisti e la palla rimbalzante sul campo, come se il pavimento fosse trasparente e noi fossimo sotto di esso, non può che richiamare Kill Bill Vol. 2 e la mitica scena del combattimento di Beatrix contro gli 88 folli. 

 

Un singolare punto di osservazione iperrealistico che ci fa entrare ancora di più nella partita in corso.

 

Le interpretazioni dei tre protagonisti sono molto sfaccettate e molto ben in linea con i personaggi: se Zendaya è sempre più a suo agio nei panni di figure combattute, Josh O’Connor riconferma la sua versatilità e Mike Faist ci mostra la sua grande abilità nel mostrarsi come il personaggio più fragile, sempre alla ricerca di approvazione e forse il più emotivamente debole tra i tre. 

 

Le musiche originali, curate da Trent Reznor e Atticus Ross, doppi Premi Oscar per The Social Network nel 2011 e Soul nel 2021, impostano la narrazione sul ritmo giusto, deciso e psichedelico, con un’inevitabile cassa dritta che scandisce il tempo, spesso anche come sottofondo ad alcuni dialoghi - vedi sempre la scena della sauna - ma senza mai appesantirli, dando anzi loro una carica tensiva che sottolinea il senso degli scambi orali tra i personaggi. 

 

 

[Mike Faist è Art in Challengers]

 

 

Match point

 

“Chi disse ‘Preferisco avere fortuna che talento’ percepì l'essenza della vita.

La gente ha paura di ammettere quanto conti la fortuna nella vita. Terrorizza pensare che sia così fuori controllo. A volte in una partita la palla colpisce il nastro e per un attimo può andare oltre o tornare indietro.

Con un po' di fortuna va oltre e allora si vince. Oppure no e allora si perde”.

 

Per me è inevitabile scrivere di tennis nel Cinema e non pensare a un film che ho amato come Match Point di Woody Allen.

Nel suo incipit c’è praticamente tutto ciò che serve per capire come spesso questo sport possa essere metafora della vita stessa: chi vince tra Art e Patrick? Da quale lato del campo si arresta il volo della palla?

Chi dei due cattura definitivamente lo sguardo di Tashi? 

Il finale sembra propendere per una vittoria di Art, ma non ci è dato veramente saperlo.

 

Ci soffermiamo dunque su quell’abbraccio disarticolato che riunisce i due challengers dopo anni di lontananza, riportando il triangolo al suo equilibrio.

 

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