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Napoleon - Recensione: un film immobile dal mortal sospiro

Napoleon di Ridley Scott si affossa nella disperata ricerca del mostrare tutti gli eventi della vita dell'imperatore francese, finendo per non approfondire quasi mai una figura sfaccettata e imponente come quella di Napoleone Bonaparte

Per parlare di Napoleon di Ridley Scott è bene iniziare con una premessa derivata da delle recenti dichiarazioni al The Times del regista britannico.

 

Scott, rispondendo a una domanda riguardante la scena in cui l’esercito guidato da Napoleone colpisce con delle palle di cannone le piramidi di Giza in Egitto, spiega: “I don’t know if he did that, but it was a fast way of saying he took Egypt”

"Non so se lo abbia fatto, ma mi sembrava un modo veloce per mostrare che lui avesse conquistato l'Egitto". 

 

Le parole in questione mi sembrano piuttosto chiare nel delineare il pensiero che il regista di House of Gucci ha nei confronti della veridicità dei fatti.

 

Verrebbe quasi da dire che Ridley Scott abbracci una concezione nietzschiana della Storia, sorvolando quindi l’aspetto monumentale, antiquario e critico, confrontandosi con essa attraverso un punto di vista artistico e in questo caso cinematografico.

 

[Il trailer di Napoleon]

 

 

La dichiarazione scritta poco sopra però sottende un problema che affligge Napoleon dall’inizio alla fine: il tempo, o meglio, la mancanza di esso.

 

Perché sebbene la Storia possa essere manipolata per ragioni artistiche, nulla di male a mio avviso, tali ragioni dovrebbero svincolarsi dal gravoso peso della narrazione degli eventi per far spazio, invece, a uno sguardo preciso su un determinato episodio, Paese o persona.

 

La scelta di mostrare l’ascesa e la caduta di Napoleone Bonaparte in 158 minuti svilisce ogni profondità riguardante una delle figure chiavi della Storia europea - di un uomo, ricorda Alessandro Manzoni, che

“Tutto ei provò: la gloria

Maggior dopo il periglio,

La fuga e la vittoria,

La reggia e il tristo esiglio:

Due volte nella polvere,

Due volte sull’altar.” - finendo purtroppo in una ricerca affannosa, per non dire ossessiva, degli eventi politici, sentimentali e bellici dell’imperatore francese.

 

D’altronde Abel Gance nel suo capolavoro Napoleon del 1927 in cinque ore e trenta minuti terminava il film con la campagna d’Italia, campagna che invece Scott sceglie di liquidare con una semplice linea di dialogo.

Qual è quindi il fulcro di questa nuova epopea prodotta da Apple?

 

Sorvolando su ciò che ho appena scritto, Napoleon è un kolossal sulla morte e sulla raffigurazione di essa. Il film inizia con la caduta della testa di Maria Antonietta e si conclude con quella del corpo di Napoleone in esilio a Sant’Elena, sui cui poi scorre il numero delle vittime francesi che le sue battaglie hanno causato.

 

Vedendo il film si percepisce la paura del personaggio interpretato da Joaquin Phoenix (in parte e nulla di più) nei confronti della Storia che verrà e di come le sue vittorie saranno ricordate.

Vediamo Napoleone guardare e toccare un sarcofago, osservare una sfinge, chiedere se dal vivo assomiglia ai suoi dipinti o domandarsi se i bambini sappiano chi è stato l’artefice dell’incendio che ha bruciato Mosca.

 

Tutti dettagli che tratteggiano il volto di uomo che ha paura del passare tiranno del tempo e che lo portano al disperato bisogno di un erede, erede che sua moglie Giuseppina non può dargli.

 

 

[Joaquin Phoenix interpreta per la seconda volta la figura di un imperatore per Ridley Scott, dopo Commodo ne Il gladiatore]

 

La sceneggiatura scritta da David Scarpa - già autore per Ridley Scott di Tutti i soldi del mondo - si sofferma molto sul rapporto tra i due, risultando però a mio avviso scevro da ogni profondità di sorta.

 

Se si pensa al Cinema di Ridley Scott, possiamo intuire quanto al regista interessi mettere al centro dei suoi film figure femminili forti, carismatiche, contemporanee e memorabili.

Senza parlare dei titoli arcinoti e senza andare troppo in là con gli anni, basti vedere The Last Duel del 2021.

 

Giuseppina interpretata da Vanessa Kirby (perfetta nel ruolo) invece risulta essere una figura di contorno, zoppicante nel suo essere manipolatrice e al tempo stesso vittima di Napoleone.

La turbolenta storia d’amore tra i due non riesce mai a ergersi come ritratto delle incertezze che attanagliano il personaggio di Phoenix o rappresentazione dell’influenza che Giuseppina ha avuto lungo la storia.

 

Il privato perciò non si riflette mai completamente nel pubblico e la possessività e le manie di controllo finiscono per essere racchiuse in una corrispondenza epistolare che passa impunemente sullo sfondo, mostrando solo fugacemente la disperazione di una persona disposta a lasciare una battaglia per correre dalla moglie che lo tradisce.

 

 

[Vanessa Kirby in Napoleon]

 

La passività di Napoleon, il suo procedere rapsodico, si trasforma radicalmente quando a essere mostrate sono invece le battaglie.

 

In questo caso il film acquisisce un respiro epico dove le pulsioni belliche di Napoleone e il suo genio militare vengono mostrate in tutta la loro magnificenza.

Ridley Scott si conferma ancora una volta come uno dei più grandi creatori di immagini viventi - la battaglia di Waterloo, in particolare, sembra una sequela di dipinti in movimento - ma è troppo poco per conferire il pathos necessario a un film in cui forse avrebbe giovato una maggior concentrazione verso la fine della Storia di Napoleone.

 

Il senso di decadenza che traspare lungo l’ultimo atto, l’incapacità di porsi limiti anche di fronte a un'evidente sconfitta, l’amore per Giuseppina vicariato ora che è morta, lasciano solo intravedere che grande film, a mio avviso, avrebbe potuto essere Napoleon.

 

Il risultato non è una campagna fallimentare come quella di Russia, né una disastrosa sconfitta come accaduto a Waterloo, ma neppure una grandiosa vittoria come sul lago ghiacciato di Austerlitz.

 

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