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Maid - Recensione: una storia di povertà e liberazione

La recensione di Maid, la miniserie più vista di Netflix

Dopo l’enorme clamore suscitato durante lo scorso anno, La regina degli scacchi si è trovata costretta a lasciare il primo posto di miniserie più vista di Netflix a Maid, che ha debuttato sulla piattaforma il 1° ottobre.  

 

Maid è stata ideata da Molly Smith Metzler - autrice già nota per Shameless e Orange is the New Black - e ispirata al memoir bestseller di Stephanie Land, Donna delle pulizie: Lavoro duro, paga bassa e la volontà di sopravvivere di una madre.

 

Maid vede come protagonista Margaret Qualley nei panni di Alex, una giovane madre che decide di lasciare il compagno violento portando con sé Maddy, la figlioletta di due anni.

La fuga nel cuore della notte dà il via a una vera e propria epopea per la protagonista, che verrà ostacolata da ogni sorta di impedimento prima di poter riacquistare un briciolo di dignità ed equilibrio.

 

Le premesse per un dramma melenso e retorico c'erano tutte, ma il grande pregio di Maid è proprio la sua capacità di scrutare con uno sguardo lucido e realistico le difficoltà quotidiane di quelle persone che potremmo definire "nate nella parte giusta del mondo, ma sotto una cattiva stella", senza mai adagiarsi nell’autocommiserazione, nella ricerca della lacrima facile o in ovvi moralismi.

 

[Il teaser di Maid]

 

 

Identificarsi con Alex riesce agevole proprio per la verosimiglianza delle situazioni e per l’autenticità dei sentimenti, merito anche dell’estrema naturalezza della performance recitativa di Qualley e del genuino sentimento che la lega a Rylea Nevaeh Whittet, la piccola attrice che interpreta la figlia.

 

A rafforzare l’impronta realista di Maid c'è il fatto che la madre della protagonista, Paula, sia interpretata da Andie MacDowell, la vera madre di Margaret Qualley.

 

Nel corso dei suoi dieci episodi Maid ci catapulta in una realtà che, seppur lontana, ci sembrerà estremamente familiare.

Ricca di cliché, certo, ma è pur vero che dietro il cliché si nasconde sempre una - piccola o grande - verità di partenza.

 

In Maid, l’onestà profusa nell’estrarre il cliché e dissezionarlo ci avvicinerà quanto più possibile al dolore della protagonista, portandoci a riconoscerlo nella nostra quotidianità: tutti abbiamo quell’amica, quel conoscente o quel parente che si è trovato di fronte ad almeno una delle problematiche affrontate da Alex.

 

In effetti, quella persona potremmo essere proprio noi.  

 

 

[Alex e Denise, la direttrice del centro antiviolenza, in una scena di Maid]

 

La violenza non è soltanto fisica 

 

Anche questa frase sembrerebbe un luogo comune, ma siamo sicuri che questo concetto sia così chiaro nella nostra società?

 

Alex scappa di casa con la figlia prima che il compagno, Sean (Nick Robinson), le possa effettivamente mettere le mani addosso.

 

Questo, almeno inizialmente, la porta a sentirsi in difetto. A chi rivolgersi?

Gli abusi verbali e psicologici non sono mai davvero presi sul serio, soprattutto in ottica di una denuncia, senza contare che in alcuni contesti la questione potrebbe essere minimizzata persino dalla famiglia e dagli amici.

 

Sta soltanto passando un periodo difficile.

Ha solamente perso la calma.

Non ti farebbe mai davvero del male.

 

Sono queste le frasi che molte donne sono costrette a sentirsi ripetere quando, raccogliendo tutto il coraggio possibile, cercano di denunciare la propria condizione e gli abusi subiti.

 

 

[Alex, Maddy e Sean - interpretato da Nick Robinson - in una scena di Maid]

 

Nel caso di Maid, la fortuna di Alex è quella di possedere una personalità molto forte e di avere un’educazione abbastanza solida che le permetta di vedere le cose per come sono davvero: la violenza verbale ha un’ottima probabilità di trasformarsi in fisica.

 

Come le viene saggiamente detto da Danielle (Aimee Carrero), un’ospite del centro antiviolenza dove Alex si rifugia: “Before they bite, they bark” (“Prima di mordere, abbaiano”).

 

Il centro antiviolenza riveste un ruolo cardine lungo il percorso di Alex: è il posto in cui rifugiarsi ogni qualvolta le cose diventano insostenibili, da cui attingere forza grazie alla solidarietà dimostrata da altre donne e attraverso cui recuperare un briciolo di dignità e amor proprio in un momento talmente buio da non ricordare nemmeno più il proprio colore preferito.

 

È anche vero che non basta recarsi in strutture del genere e chiedere aiuto per salvarsi: bisogna davvero desiderarlo e avere la forza di accettarne le conseguenze.

In questo senso, Danielle rappresenta tutte quelle donne che tentano disperatamente di uscire da una situazione violenta senza però avere la piena capacità psicologica di andare fino in fondo, proprio perché rifugiarsi nei vecchi schemi spesso può sembrare la situazione più comoda nell’immediato.

 

In questi casi risulta facile scagliarsi sulla vittima “masochista” in questione: perché accettare di vivere in un incubo?

È lo stesso motivo per cui spesso le donne non riescono ad acquisire credibilità nel momento della denuncia, lo stesso per cui vengono esaminate al microscopio le ragioni delle vittime invece che le azioni dei carnefici.

 

È il mondo in cui viviamo, né più né meno.  

 

 

[In Maid, Alex è costretta a passare da un ufficio all'altro per ricevere aiuto dallo Stato]

 

La povertà è violenza, la burocrazia il boia  

 

Le vessazioni inflitte alla protagonista di Maid non sono solo quelle verbali subite da Sean, ma anche quelle dovute allo stato di estrema indigenza in cui si trova Alex.

 

Intuiamo subito che i due giovani genitori non navigano nell’oro - vivono, infatti, isolati in un trailer - ma comprendiamo realmente la cruda realtà della condizione della ragazza grazie all’intuizione di Metzler di mostrarci il contenuto del suo portafoglio: 18 dollari.

Una cifra che cala inesorabilmente mentre la protagonista utilizza il denaro per spese essenziali: benzina, cibo e una sirenetta acquistata al negozio "tutto a un dollaro" per la figlia.

 

Anche quando riesce a trovare un impiego a ore presso una ditta di pulizie, la Value Maids, Alex vedrà svanire in un attimo i pochi dollari guadagnati per comprare l’attrezzatura necessaria per il lavoro, la divisa e il biglietto del traghetto.

 

In Maid ogni dollaro è sudato e ogni giorno portato a compimento è un traguardo, nonostante l’incertezza di dove trascorrere la notte.

Tra duro lavoro, umiliazioni, un po’ di aiuto, ricadute e tanta determinazione, Alex si trascina in avanti anteponendo sempre la salute e la felicità della piccola Maddy alla propria.

 

Ma la sfortuna non arriva da sola e il colpo - quasi - letale viene sferrato dalla burocrazia.

 

Come una versione femminile e più giovane di Daniel Blake, Alex si barcamena tra sussidi statali che mettono in atto tutta una serie di Catch 22 che rendono l’impresa di conciliare il lavoro, l’alloggio, l’asilo per la figlia e, in seguito, il proprio futuro a dir poco ardua.

 

 

[Alex e Maddy arrivano a passare una notte alla stazione dei traghetti in una scena di Maid

 

 

Oltre che quella al sistema burocratico, emerge una critica anche al “culto del lavoro” profondamente radicato nella società americana, per cui una persona viene automaticamente catalogata in base al suo lavoro, o alla mancanza dello stesso.

 

Alex è chiaramente più affidabile rispetto all’ex compagno alcolizzato ma, a differenza di quest’ultimo, non ha una situazione lavorativa stabile che le possa permettere di occuparsi al meglio della figlia e per questo è costretta a lottare per l’affidamento congiunto contro un uomo violento. 

Nonostante la caparbietà, l’intraprendenza e l’eccezionale spirito di adattamento, Alex è condannata a sopportare lo sguardo di superiorità di chi le appiccica addosso un’etichetta in base al suo status economico.

 

Con il passare del tempo e dei bagni scrostati a casa di clienti ricchi, si renderà conto che (cliché) il denaro non è tutto.

Tuttavia, la scrittura della serie è abbastanza onesta da dichiarare senza paura che sì, i problemi possono essere di varia natura, ma indubbiamente il denaro rende tutto più facile.

 

Come la stessa Qualley ha dichiarato nelle interviste, Alex, nella sfortuna, è comunque fortunata.

Non tutti possiedono la sua determinazione e, pertanto, il risultato è spesso quello di rimanere bloccati per sempre in una spirale di violenza e povertà che, a volte, si conclude nel peggiore dei modi.

 

Maid è pur sempre un prodotto Netflix, non un film di Ken Loach, di conseguenza è naturale aspettarsi un qualche tipo di riscatto, ma ciò non sminuisce la schiettezza della sua narrazione.  

 

 

[Andie MacDowell e Margaret Qualley in Maid: madre e figlia fuori e dentro schermo]


L’importanza delle relazioni  

 

Sebbene Maid sia cucita addosso alla protagonista - Alex è presente praticamente in ogni scena - non si tratta di un one woman show.

 

Le difficoltà che incontra lungo il suo cammino sono spesso amplificate, e altre volte alleviate, dalle persone che orbitano intorno alla sua vita.

 

Oltre a quello con Sean, l’altro grande legame nocivo che contribuisce ad accrescere il baratro in cui Alex si trova è quello con la madre Paula, interpretata dalla vera madre di Qualley, Andie MacDowell.

È stata proprio la giovane attrice a proporla per il ruolo in modo da poter realizzare il sogno di lavorare insieme a sua mamma, nonché sua grande fonte di ispirazione.

 

Il rapporto rappresentato sullo schermo, tuttavia, non è altrettanto idilliaco.

 

 

[Alex e sua madre Paula in una scena di Maid]

 

Paula viene definita bipolare - anche se la patologia non le è mai stata effettivamente diagnosticata - conduce uno stile di vita hippie, è devota all’arte e alla meditazione, passa da una relazione tossica all’altra e, proprio come la figlia, vive giorno per giorno.

 

Nonostante ci sia un affetto profondo a legarle, è chiaro che la madre spesso rappresenti per Alex una zavorra ancora più pesante di quella dell’ex compagno e delle difficoltà economiche.

 

Paula non vuole essere salvata, perché ha trovato un equilibrio nella propria precarietà senza il quale si sentirebbe persa.

Come molte donne non riescono a sfuggire dalle grinfie dei propri aguzzini, Paula non è in grado di rinunciare allo stile di vita anticonvenzionale che, volente o meno, ha intrapreso da un certo punto in poi e che le consente di poter continuare a sopravvivere evitando di guardarsi davvero allo specchio.

 

In questo senso MacDowell dà vita a un personaggio piuttosto interessante e dal grande potenziale che però, secondo l'opinione di chi scrive, finisce per perdere un po’ di forza a causa dell’esagerata esuberanza della donna che spesso la fa sembrare una macchietta.

 

Altra figura cardine è quella del padre di Alex, Hank (Billy Burke), all’inizio interpellato dalla ragazza solo in casi di estrema necessità senza un apparente motivo, ma che poi scopriremo essere la principale causa dell’esistenza logora della protagonista.

Un rapporto tossico che, alla fine, l’ha portata a intraprendere una relazione con un uomo non molto distante da lui.

 

Una cosa è certa: in Maid i personaggi maschili sono perlopiù negativi o privi di spessore.

 

Anche Nate (Raymond Ablack) - un amico di Alex sentimentalmente interessato a lei e che si mostra piuttosto disponibile ad aiutarla - si rivela essere un personaggio non del tutto positivo: a ben vedere, il suo atteggiamento subdolo non lo rende tanto diverso dagli altri.

 

Un aspetto, questo, che meritava probabilmente una maggiore lucidità in modo da evitare dicotomie troppo nette.

 

Per quanto riguarda i ruoli femminili, la scrittura è sicuramente più sfaccettata: come già accennato, Paula è un personaggio positivo a metà perché la sua instabilità psicologica comporta un certo egoismo che spesso finisce per ostacolare il benessere della figlia e della nipotina.

 

Non tutte le donne con cui Alex entra in contatto si mostrano clementi con lei, ma senza dubbio la solidarietà che la ragazza riceve e che le permette di migliorare la propria condizione proviene essenzialmente dal genere femminile, a partire da Denise (BJ Harrison) - la direttrice del centro antiviolenza - e dalle altre ospiti della struttura, fino a una cliente con cui Alex instaurerà un rapporto speciale.

 

 

[Anika Noni Rose è Regina, una cliente con cui Alex instaurerà un rapporto particolare]

 

Nonostante ciò, la relazione attorno cui ruota tutta la serie e la vita di Alex è ovviamente quella tra lei e la figlia Maddy.

 

In questo senso, il legame reale che unisce Margaret Qualley alla piccola Rylea è senza dubbio evidente e rappresenta un valore aggiunto.

Come dichiarato dall’attrice, le due hanno passato tantissimo tempo insieme anche fuori dal set, in modo da rafforzare il loro rapporto tanto che, inizialmente, quando c’erano delle riprese in cui qualcuno doveva gridare contro Qualley, la piccola si spaventava e diventava molto protettiva nei confronti della "mamma di scena".

 

È proprio il rapporto madre-figlia a rappresentare il motore di tutta l’opera: l’amore per Maddy è l’appiglio principale che salva Alex dal baratro in cui, probabilmente, sarebbe sprofondato chiunque non avesse avuto una motivazione altrettanto forte.  

 

 

[Il legame che unisce Margaret Qualley e Rylea Nevaeh Whittet nella realtà si riflette in quello tra Alex e Maddy in Maid]

 

Il potere salvifico della scrittura  

 

Come già accennato, Maid è ispirato al memoir di Stephanie Land, una spietata storia di povertà e maternità in cui l’autrice ha dato voce a tutte quelle persone che si trovano a crescere una famiglia in condizioni di estrema difficoltà economica.

Il libro tende a focalizzarsi sull’importanza del lavoro come unica via d’uscita dai vicoli bui della vita e anche in Maid viene consigliato ad Alex di contare solo sul lavoro, perché tutto il resto è fragile.

 

Tuttavia, il fulcro di Maid non è tanto l’importanza del lavoro in sé quanto la tenacia e l’autodeterminazione di Alex che la spingono in avanti, nonostante tutto, per l’amore della figlia ma anche di se stessa.

 

In una situazione in cui sarebbe stato facile scoraggiarsi e piangersi - con ragione - addosso, la protagonista riesce a conservare una certa sicurezza nelle proprie capacità e nella convinzione che ci sia ancora un futuro ad attenderla. 

Il principale punto in comune tra il memoirMaid è che, in entrambi in casi, l’arte - in questo caso la scrittura - arriva in soccorso della protagonista salvandola da un limbo in cui si era incastrata.

 

Esattamente come Land, Alex ha la passione per la scrittura.

 

 

[Alex, quasi a digiuno, lavora senza sosta per assicurare un futuro alla figlia]

 

Tramite alcuni flashback capiamo che in passato il suo talento le aveva permesso di essere accettata all’Università del Montana ma che aveva dovuto rinunciare in seguito alla nascita di Maddy.

 

Da quel momento in poi le difficoltà e l'oscurità che dominano la sua vita le fanno realizzare che la scrittura è diventata un’attività troppo frivola e inutile a fronte di attività e compiti ben più impellenti. 

Quando Alex trova finalmente il coraggio di riprendere in mano la penna per stilare una sorta di "resoconto romanzato" di quello che sperimenta nelle case che pulisce per lavoro inizia a ritrovare se stessa, la ragazza appassionata che era prima di “morire” a causa della tossicità di Sean, e a ricordare quali fossero i suoi sogni.

 

Semplicemente, decide di provare di nuovo a vivere.

 

 

[In Maid, Alex sogna una vita diversa attraverso la scrittura]

 

L’idea di alimentare il proprio futuro con l’arte e la cultura diventa l’altro grande appiglio che aiuterà Alex a sganciarsi dall’orrore del presente.  

 

Margaret Qualley ci consegna probabilmente la migliore interpretazione della sua carriera fino a questo momento.

Grazie alla sua incredibile espressività, riesce a trasmettere in maniera molto naturale ogni tormento che l’affligge ma anche ogni attimo di felicità che sperimenta.

 

I suoi occhi parlano chiaro.

Spalancati e increduli davanti a situazioni paradossali.

Altre volte bagnati dalle lacrime per la sensazione di impotenza provata di fronte a ingranaggi più grandi di lei.

Spesso colmi gioia nel guardare la figlia o nel raggiungere dei piccoli traguardi.

 

La sua è un’interpretazione molto intima, posata eppure intensa, frutto anche della scrittura di un personaggio che può essere senza dubbio fonte di ispirazione per una giovane donna o per chiunque stia attraversando un periodo buio della vita.

 

 

[In Maid sono presenti molti primissimi piani sul volto espressivo di Margaret Qualley]

 

Gli spunti interessanti di Maid si estendono anche al comparto tecnico.

 

Si è già accennato all’intuizione di mostrarci sullo schermo la situazione economica di Alex, così come i messaggi che riceve o, ad esempio, i profili assurdi di alcuni uomini trovati su Tinder.

Spesso assistiamo all’improvvisa materializzazione di pensieri e ricordi della protagonista che donano un tocco di ironia al racconto; il linguaggio talvolta smette di essere prettamente realistico per concedersi qualche incursione da parte di elementi fantastici, in modo da entrare ancora più a fondo nella psicologia di Alex.  

 

Maid, che vede tra i suoi produttori esecutivi Margot Robbie, è stata ampiamente apprezzata da pubblico e critica.

 

Come dimostrato dalle recenti candidature ai Golden Globe, la miniserie si prepara a dominare la stagione dei premi, a lanciare definitivamente la carriera di Qualley - finora maggiormente conosciuta per C'era una volta a... Hollywood e The Leftovers - e a infondere forza e speranza in chi si riconoscerà negli occhi grandi, intimoriti e coraggiosi di Alex.

 

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